Il sesso? Lo imparo da Internet.
Adolescenti, sessualità, castelli e draghi
Articolo di Barbara Forresi fonte Il Sole 24 ore
Negli anni 70 e 80 era esperienza comune che nelle famiglie con bambini, davanti alle scene di un film tv nel quale i protagonisti si avviassero a un contatto erotico, calasse un certo imbarazzo. Spesso uno dei genitori, con scatto felino e ostentata nonchalance, cambiava canale. Anche in adolescenza, l’incontro con immagini sessualmente esplicite era infrequente e sporadico, richiedeva impegno attivo e intraprendenza.
Inutile dire che i tempi sono cambiati. Ogni anno Mountain View pubblica il rapporto Zeitgeist, relativo alle parole più cercate su Google e in cima alla classifica, anche relativamente alle ricerche per l’Italia, c’è la parola “sesso”. I visitatori di Pornhub, il maggiore sito pornografico sul Web, l’anno scorso hanno guardato circa 92 miliardi di video. Siamo passati da un estremo all’altro. Oggi la pornografia è facilmente accessibile in ogni momento della giornata, anche per i più giovani. Gli adolescenti si rivolgono ad internet per domande che non trovano una risposta altrove: non tra gli amici, non a scuola e neppure in famiglia. Usano la rete per scambiarsi foto e video sessualmente espliciti. E per ricercare l’eccitazione.
Come incide tutto questo su tempi e modi del comportamento sessuale, ma anche su ciò che ragazzi e ragazze pensano e vivono a livello emotivo? Cosa comporta una sollecitazione “non stop” della sessualità? Secondo uno studio appena pubblicato sul Journal of Adolescence l’abuso di materiale pornografico in adolescenza sta contribuendo al diffondersi di vissuti di incertezza e preoccupazione per la sessualità, di una tendenza ad “oggettificare” il corpo dell’altro, ad un più difficile raggiungimento della soddisfazione. I ragazzi che fanno un più intenso ricorso alla pornografia non solo sembrano andare incontro ad una pubertà precoce, ma più spesso aderiscono a stereotipi di genere e sperimentano aggressività nei rapporti intimi, sia agita che subita (qui le ricerche in merito).
La pornografia dipinge un’immagine irrealistica della sessualità e della relazione, plasmando aspettative che non saranno soddisfatte. Si è detto che il problema con la pornografia non è che mostri troppo, ma che mostri troppo poco. Non c’è intimità, intesa come la sfera dei sentimenti e degli affetti. Non c’è emozione che non sia eccitazione, non c’è la consueta paura di svelarsi e di svestirsi, non c’è imbarazzo. Non c’è bisogno, né malinconia. Non si vede se uno è innamorato, timido, impacciato. Quanto al piacere, è sempre immediato, scontato, estremo, senza variazioni.
Eppure i ragazzi ci credono. Secondo lo studio commissionato dal Children’s Commissioner e dalla National Society for the Prevention of Cruelty to Children realizzato lo scorso anno dalla Middlesex University, metà degli adolescenti intervistati su questi temi (il 53%) ritiene assolutamente realistico il ritratto della sessualità fornito dalla pornografia. Non sorprende, dunque, che nei maschi cresca la paura di non essere all’altezza delle aspettative e, nelle femmine, il timore di dover aderire a questo modello “prestazionale”, peraltro non sempre consensuale.
In sintesi, l’abitudine ad un uso precoce e massiccio della pornografia rischia di alimentare paure e insicurezze che allontanano dall’incontro con l’altro, privandoci della possibilità di imparare ad affrontare e a gestire quelle questioni emotivamente complesse che ogni contatto intimo solleva. Gli ultimi dati del Censis indicano che l’età della “prima volta” si è innalzata a 17 anni. Finiremo per scegliere la soluzione facile, lunghi corteggiamenti via smartphone, una sessualità solitaria, per poi magari – in un futuro non troppo lontano – innamorarci di un androide o di una voce, come nel film Her di Spike Jonze?
Non è forse vero che la sessualità è ben poca cosa senza ostacoli, senza sfide e senza torri da scalare?
Foster Wallace, con acume e consueta ironia, scrive: “Torniamo per un momento a quel cavaliere e a quella bella fanciulla che si scambiavano sguardi lascivi. Ecco dunque arrivare al castello il cavaliere al galoppo, con una mastodontica lancia pronta all’uso. Cerchiamo però di immaginare che questa volta non vi sia impedimento alcuno da superare: nessun drago da temere, affrontare, combattere, fare a pezzi. Immaginiamo anche che la carica del cavaliere verso la fanciulla sia completamente priva di ostacoli: non c’è drago; il castello non è sprangato; il ponte levatoio si alza addirittura automaticamente, come la porta di un garage di periferia. Ed ecco, all’interno del castello, la fanciulla, che indossa un completino intimo di Victoria’s Secret, fargli col ditino indice cenno di avvicinarsi… C’è per caso qualcun altro qui oltre al sottoscritto che scorge sul volto del Signor Cavaliere una vaga ombra di delusione… ?”.
Le tecnologie possono cambiarci solo se le assecondiamo. Se di fronte al dilagare di alcune abitudini e alla luce di rischi ormai evidenti per le giovani generazioni, le istituzioni e le aziende non saranno tempestive nel prendere provvedimenti (uno su tutti: introdurre procedure di “age verification” per l’accesso ai siti pornografici).
Ma soprattutto se, come adulti, ci dimenticheremo di educare al valore della difficoltà, del rischio, dell’avventura: fatta di torri da scalare, draghi e ponti levatoi.